Ci sono storie che il vino non dimentica. Anche quando sembrano svanite, sotterrate dal tempo o offuscate da nuove mode, restano lì, nascoste tra le pieghe delle vigne, pronte a riaffiorare. Montefili è una di queste. Una cantina che ha fatto la storia dei Supertuscan e che oggi torna a far parlare di sé con la forza di chi non ha mai smesso di credere nella bellezza delle proprie radici.
Siamo nel cuore della Conca d’Oro di Panzano in Chianti, terra sacra per il Sangiovese. Tra queste colline e suoli antichi, Montefili ha preso forma decenni fa, in un’epoca in cui rompere le regole era l’unico modo per scrivere un nuovo capitolo del vino italiano. L’Anfiteatro, il loro vino di punta, era allora un gesto coraggioso: Sangiovese in purezza, senza concessioni, quando tutti inseguivano blend internazionali. Una dichiarazione d’identità.

Gli anni passano, le mode cambiano. Ma certe vigne, certi luoghi, certi nomi non smettono di vibrare.
A riaccendere la scintilla è stato un gruppo di visionari: imprenditori internazionali, innamorati della Toscana più autentica, che hanno visto in Montefili non una reliquia, ma un gioiello da riportare alla luce. Al centro di questo nuovo inizio c’è Serena Gusmeri, enologa dalla sensibilità spiccata, che ha scelto Montefili non per caso, ma per amore. “Qui il vino non si impone,” racconta con un sorriso, “si ascolta.” E si sente: nei tannini raffinati, nelle acidità vive, in quella sincerità che non ha bisogno di effetti speciali.


Il lavoro di Serena è rigoroso ma poetico. Mira a custodire l’identità del luogo, senza mai sovrastarla. Ogni vigneto viene vinificato separatamente, con lo stesso protocollo in cantina. Nessuna scorciatoia, nessun intervento per “aggiustare” o indirizzare. Eppure, i vini che ne nascono sono profondamente diversi: parlano tre lingue distinte, si fanno portavoce delle tre anime geologiche di questa collina — alberese, galestro, arenaria — che regalano espressioni uniche del Sangiovese. Un lavoro quasi filologico, che rende ogni bottiglia una voce, un frammento di territorio.
A Vinitaly, passeggiando tra le vigne

A Vinitaly, questo approccio si è rivelato con eleganza. La degustazione guidata è stata una passeggiata tra vigneti: vigna vecchia, vigna nel bosco, anfiteatro. Il Chianti Classico Vigna Vecchia colpisce per la sua energia austera, fatta di spigoli eleganti e tannini cesellati. Il Chianti Classico Gran Selezione, potente e vibrante, esprime una maturità misurata, giocata su equilibrio e profondità. Ma è l’Anfiteatro (2000 – 2017 -2019) a lasciare il segno più lungo: un Sangiovese in purezza che è insieme memoria e visione.

Montefili non ha bisogno di effetti speciali. È la voce di una Toscana che non grida, ma incanta. A chi chiede cos’è oggi Montefili, si può rispondere così: è l’arte rara di far parlare la terra, senza tradurla.